Ci sono storie che più di altre assomigliano a degli sliding doors: un banale imprevisto e il corso dell’esistenza può cambiare per sempre, ora ci sei, ora non ci sei più, o ci sei, ma in altre forme. È la storia di  una bimba senese di tre anni salvata per un soffio da un équipe medica dell’Opa guidata dal dottor Vitali Pak. Stava morendo la piccola, tre settimane fa. Una broncopolmonite fulminante le aveva causato un’insufficienza respiratoria: non respirava più, da sola, e i medici non riuscivano a ventilarla. Aveva bisogno di un intervento complesso che nessuno nei paraggi sapeva fare. Solo i medici dell’Opa. Ma quel giorno pioveva, l’elisoccorso non poteva alzarsi e l’unico modo per arrivare a Siena era l’ambulanza. E allora vai dritti 190 chilometri a sirene spiegate, arrivati giusto in tempo per salvarle la vita. «Un minuto in più e non ce l’avremmo fatta», racconta Pak.

L’operazione si chiama Ecmo (extracorporeal membrane oxygenation, in italiano ossigenazione extracorporea a membrana) ed è una tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in ambito di rianimazione per trattare pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria acuta e refrattaria al trattamento farmacologico. In parole povere si attaccano polmoni meccanici esterni che sostituiscono quelli interni, in attesa di farli funzionare. Una tecnica pensata inizialmente solo per trattare neonati e bambini con insufficienza polmonare e solo in seguito utilizzata anche sui pazienti adulti con insufficienza cardiaca. Ma è un’operazione delicatissima, che, su bimbo, solo un cardiochirurgo pediatrico può fare. «Il personale medico di Siena – racconta Pak – ha inizialmente pensato di chiamare cardiochirurgia adulti, ma non potevano intervenire. Così hanno chiamato noi. E siamo arrivati giusto in tempo».

 La piccola, di appena 12 chilogrammi, era attaccata a un ventilatore artificiale quando è arrivata la squadra medica dell’Opa, composta da due chirurghi (Pak e Luigi Arcieri), l’anestesista (Alexander Morosan) e il perfusionista (Michele Guarino). «Aveva pco2 oltre i cento – ricostruisce Bruno Murzi, primario della cardiochirurgia pedriatrica di Montepepe – quando quella normale è intorno ai 35. La saturazione era bassissima. Hanno chiesto aiuto a noi, perché sapevano che facciamo questo tipo di intervento». «Un intervento invasivo – spiega Pak – le abbiamo dovuto fare una grossa incisione alla gola per poterla attaccare alla macchina». La bimba è stata quindi operata d’urgenza nell’ospedale di Siena, poi è stata trasportata all’ospedale di Montepepe nella terapia intensiva pediatrica (dove il responsabile è Riccardo Moschetti). È stata sotto osservazione per una settimana, attaccata alla macchina. Poi ha iniziato a respirare. Da sola. Era salva. La piccola è tornata a Siena. E fa la stessa vita di prima. La porta era quella giusta.
il tirreno