Ci sono storie che più di altre assomigliano a degli sliding doors: un banale imprevisto e il corso dell’esistenza può cambiare per sempre, ora ci sei, ora non ci sei più, o ci sei, ma in altre forme. È la storia di una bimba senese di tre anni salvata per un soffio da un équipe medica dell’Opa guidata dal dottor Vitali Pak. Stava morendo la piccola, tre settimane fa. Una broncopolmonite fulminante le aveva causato un’insufficienza respiratoria: non respirava più, da sola, e i medici non riuscivano a ventilarla. Aveva bisogno di un intervento complesso che nessuno nei paraggi sapeva fare. Solo i medici dell’Opa. Ma quel giorno pioveva, l’elisoccorso non poteva alzarsi e l’unico modo per arrivare a Siena era l’ambulanza. E allora vai dritti 190 chilometri a sirene spiegate, arrivati giusto in tempo per salvarle la vita. «Un minuto in più e non ce l’avremmo fatta», racconta Pak.
L’operazione si chiama Ecmo (extracorporeal membrane oxygenation, in italiano ossigenazione extracorporea a membrana) ed è una tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in ambito di rianimazione per trattare pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria acuta e refrattaria al trattamento farmacologico. In parole povere si attaccano polmoni meccanici esterni che sostituiscono quelli interni, in attesa di farli funzionare. Una tecnica pensata inizialmente solo per trattare neonati e bambini con insufficienza polmonare e solo in seguito utilizzata anche sui pazienti adulti con insufficienza cardiaca. Ma è un’operazione delicatissima, che, su bimbo, solo un cardiochirurgo pediatrico può fare. «Il personale medico di Siena – racconta Pak – ha inizialmente pensato di chiamare cardiochirurgia adulti, ma non potevano intervenire. Così hanno chiamato noi. E siamo arrivati giusto in tempo».